in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 15, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2012 – Estratto
All’intervistatrice che era andato a trovarlo poco prima della sua fine chiedendogli quale messaggio avrebbe voluto lasciare ai posteri, Hillman rispose: “è molto importante che il mio pensiero rimanga”. A un anno di distanza dalla sua morte, credo si possa affermare che il suo desiderio è stato esaudito; e per mettere a fuoco la sua personalità, credo si possa altresì dire che il Fato ha realizzato il suo disegno. Il non casuale riferimento al Fato ci fa inquadrare Hillman nella sua specificità di pensatore-psicologo che – come, ma più di tanti altri – ha saputo coniugare la sua esperienza di psicoanalista junghiano con la capacità di saper individuare un “tesoro” da scoprire nella cultura del mondo classico. Così, come psicoanalista prima e filosofo poi ha voluto divulgare e donare, con la sua ricchissima produzione letteraria, le sue riflessioni a chi abbia la volontà e la capacità di leggere e intendere. Ciò spiega la sua fortuna come autore, soprattutto in Italia, dove la cultura classica costituisce un diffuso retroterra culturale. Hillman, infatti, proprio per questa sua specificità di rifarsi ai classici, a differenza di altri autori psicologi talvolta di difficile lettura, è stato letto anche da persone lontane dal mondo della psicologia che, pur dopo la sua scomparsa, continuano a voler approfondirne il pensiero. Pensiero che va di là dall’elaborazione di una teoria psicologica, ma si pone come filosofia di vita. Hillman, ci aiuta a svelare il disincanto dell’esistenza e si propone come pensatore che vuole offrirci una originale visione di comprensione di noi stessi in rapporto alla realtà.
Il percorso della sua vita ne è la prova. Le sue prime esperienze sono, per usare un termine corrente, normali; giovanissimo, partecipa alla seconda guerra mondiale, anche in Europa; prosegue i suoi studi a Parigi, alla Sorbona, quindi si laurea al Trinity College di Dublino, per poi specializzarsi a Zurigo al C. G. Jung. Institute. Per circa vent’anni prima di tornare negli Stati Uniti, ha vissuto in Europa e ciò ha un suo non trascurabile riflesso.
È ovvio poi che se si vuole ricordare la grandezza di quest’autore, non ci si può esimere da riflessioni critiche. Prendendo spunto da un suo libro Cent’anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio, scritto quando aveva scorto il limite del rapporto terapeutico terapeuta – paziente, non si può non osservare che anche quando si veste da filosofo ampliando l’orizzonte del suo pensiero dal male dell’individuo al male del mondo, Hillman stesso può andare incontro ad un secondo limite. In un periodo storico come quello che stiamo vivendo caratterizzato da crisi politiche ed economiche, dall’affievolirsi dell’influenza delle religioni e dallo svanire dei cosiddetti tradizionali valori “alti”, si pone l’interrogativo: possono la psicologia e la filosofia con le loro dotte e accattivanti presentazioni e divulgazioni, dare un reale e incisivo contributo alla coscienza individuale per l’attenuazione dei mali del mondo, oltre che alla loro comprensione? La risposta non può che essere personale.
Abstract
L’articolo, con chiari intenti divulgativi, riporta alcuni flash sulle riflessioni di Hillman/ pensatore, che ha saputo coniugare la sua attività di psicanalista con la capacità di individuare un tesoro da scoprire nella cultura del mondo classico. Vengono presi in esame tre suoi volumi: L’anima del mondo e il pensiero del cuore; Il codice dell’anima; La forza del carattere. Nel primo vengono, tra l’altro, evidenziati alcuni concetti che spiegano come la psicanalisi sia tributaria dei pensieri di alcuni filosofi dell’antichità. Nel secondo si parla della sua celebre teoria della ghianda e del rapporto tra il male dell’individuo e il male del mondo. Nel terzo, che può essere considerato un sano viatico per la fase finale della vita, si sottolinea come l’invecchiamento può essere considerato un momento ancora creativo, finalizzato alla riflessione e alla definitiva scoperta del proprio carattere, anche al fine di lasciare un buon ricordo di sé.