in Giornale Storico di Psicologia dinamica, 47, Di Renzo Editore, Roma, 2000
Continuando la riflessione da tempo avviata sul tema delle “comunicazioni” che si osservano nel campo analitico, mi sono soffermata sulle “comunicazioni in Rete” ed in particolare sui messaggi che si scambiano nelle Chat-line. Messaggi caratterizzati dall’esser costruiti in forma scritta e dall’esser scambiati in tempo reale; messaggi che non hanno limitazione di portata nello spazio e possono indirizzarsi a riceventi noti e/o ignoti.
Nella concreta esperienza clinica, mi è occorso di verificare come la frequentazione delle vie telematiche, frequentazione ovviamente non episodica, attraverso i nuovi media, abbia prodotto in alcuni pazienti effetti psicologici rilevanti. Il fruitore delle comunicazioni in rete può provare una sensazione di onnipotenza, considerando l’apparente mancanza di limiti nella dimensione spazio-temporale e l’ampiezza delle possibilità di interconnessione. In taluni casi, alla ampliata possibilità di comunicazione può corrispondere una sensazione profonda di solitudine e/o isolamento, nonche un concreto impoverimento dei rapporti sociali reali, stante il tempo dedicato allo scambio in rete.
Può esserci il rischio di una progressiva astrazione dalla realtà concreta legato all’immettersi in una realtà virtuale. In taluni casi, ho rilevato nei pazienti che più assiduamente fruivano delle comunicazioni in rete un cambiamento nel rapporto con la realtà e variazioni nella stessa capacità di esaminarla criticamente. Può assumere dimensioni rilevanti il fenomeno della fruizione/ frequentazione dei siti hard, quindi di una sessualità a distanza, senza corpo e senza relazione. La distanza che caratterizza l’interazione garantisce, almeno in apparenza, lo scrivente dall’impatto emotivo diretto con il ricevente, e consente la marginalizzazione di timori e paure anche profonde. Allorquando i messaggi sono indirizzati a riceventi non conosciuti nella loro identità reale, si configura il confronto con l’ignoto.
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Il medium, il moderno mezzo di comunicazione, assumendo la valenza di una estensione del nostro corpo e delle nostre capacità percettive, modifica il rapporto dell’uomo con se stesso e con gli altri uomini. Il medium diviene, quindi, modalità nuova di essere, di entrare in relazione. Le stesse reazioni sensoriali e le forme della percezione vengono ad essere alterate in quanto i media, amplificando la vista, l’udito, il tatto, estendono e modificano contemporaneamen la struttura mentale e sociale. McLuhan ha denunciato anche il «torpore” generato dai media a livello subliminale e l’effetto di «amputazione” ricadente sui sensi residui rispetto all’estensione di senso privilegiato nella fruizione dei media stessi. Si evidenzia, nelle ulteriori analisi dell’Autore, la ricaduta sull’intero complesso di produzione dell’immaginario ed il rischio per l’uomo di divenire un «raccoglitore di informazioni».