Indizi d’Anima nei messaggi marginali

Estratto da: Putti, S., Indizi d’Anima nei messaggi marginali, in La Scrittura e l’Anima, L’OMBRA, n. 6 – dicembre 2015, Moretti & Vitali Editori, Bergamo

“Per accedere alla scrittura occorre una adeguata distanza emotiva dai contenuti che si va a de-scrivere. A mio parere, Anima ed Animus sono (o dovrebbero essere..) inscindibili, pena la caduta nella patologia,o quanto meno nella noia di un discorso autoreferenziale. Scendendo nel concreto, e sapendo di rischiare l’impopolarità (effetto che ho spesso sfiorato), io avverto ogni discorso unilaterale (solo di Anima –solo di Animus) come parziale, incompleto, monco. Mi annoiano i discorsi di sole donne, come quelli di soli uomini. Sento che è solo nel confronto con l’Altro da sé che possono scaturire idee, spunti, creatività. Il Femminile / Anima ha da confrontarsi con il Maschile / Animus: così e in tal modo – in questa differenza di potenziale – può (sempre a mio parere) scoccare la scintilla e attuarsi una comunicazione vera.”(pag.70)

Nella concreta esperienza clinica può accadere che il paziente consegni all’analista fogli scritti…si tratta spesso di pensieri / riflessioni / impressioni intercorsi tra una seduta e l’altra; contenuti che l’ analizzando ha ritenuto significativi e / o importanti, e dei quali ha sentito, comunque, di voler mantenere una traccia. Si verificano – a volte – forme di comunicazione scritta consegnate all’ analista con modalità marginale rispetto al tempo / spazio della seduta. Scelsi, allora, l’espressione ‘modalità marginale’ per indicare “quanto il paziente dice o compie ( configurando comunque una comunicazione ) al limite dello spazio e del tempo della seduta. Mi colpivano, come esempio, alcuni piccoli agiti che si verificavano alla fase del commiato ed al momento del pagamento. Può accadere, infatti, che il paziente lasci o dia all’ analista un appunto scritto poco prima del commiato e / o nel tempo del saluto; o che inserisca un biglietto nella busta contenente il denaro dell’ onorario; mi è accaduto – in alcuni casi – di trovare annotazioni e parole scritte nell’ interno della busta stessa. Sono queste forme di scrittura in cui è dato imbattersi e che, nel corso degli anni, ho guardato con attenzione crescente[1]. Consideravo, allora, che nello svolgersi del percorso analitico – che proprio in quanto “talking cure” prevede la centralità della comunicazione verbale – gli scritti andavano a configurare una variazione dell’andatura comunicazionale, una trasgressione della quale era opportuno prendere atto. Sin dall’inizio mi sono posta nell’ ottica di una comprensione che – cercando, attraverso un possibile lavoro con-diviso, il significato ed il senso di quelle forme scritte – consentisse progressivamente di recuperare e / o conquistare la possibilità della “parola detta”. Permettendo così al desiderio di comunicazione di farsi più autenticamente domanda…” (pag.71)

“Ho spesso rilevato – nella pratica clinica – come un progressivo miglioramento del rapporto con la propria aggressività consenta una crescita del coraggio ed una conseguente ampliata capacità di comunicare direttamente e quindi verbalmente. Andavo cogliendo nella concreta relazione clinica alcuni percorsi possibili: il paziente recuperava e / o conquistava la possibilità di esprimersi e di esprimere le proprie idee ed emozioni muovendosi in una sequenza silenzio / scrittura / parola. Non di rado il paziente raccontava di analoghi mutamenti verificatisi nella vita quotidiana, nel rapporto con le figure concrete e storiche del suo mondo. La sequenza detta si riferisce in particolar modo a tipologie introverse, per le quali la conquista dell’ altro da sé implica fatica e sforzo. Nelle tipologie prevalentemente estroverse ho rilevato la sequenza parola – silenzio – scrittura – parola . In questi casi, quando il paziente dopo aver parzialmente ritirato attenzione ed energia dal fuori, concede progressivamente spazio ai propri contenuti interiori, la fase della scrittura può essere il preludio meditativo di una “parola nuova” rispetto alla modalità precedente, nuova nella ponderatezza e nella densità. Nel processo trasformativo dell’ analisi – laddove il percorso intrapreso dà i suoi frutti – spesso si assiste ad un progressivo riequilibrarsi delle tendenze introvertite ed estrovertite, con un conseguente e parallelo aggiustamento delle modalità di relazione e di comunicazione. Come se si verificasse una distribuzione più equilibrata della energia e della attenzione (e quindi dei comportamenti e dell’ azione ) rispetto ad un continuum ideale dentro / fuori.” (pag.72)