di Roberto Cantatrione
Simonetta Putti non è più tra noi; e quando una persona nella vita ti ha fatto del bene ognuno ha un proprio modo di serbarne la memoria, che è come dire sentire la sua mancanza. Non voglio in questo ultimo saluto soffermarmi più d tanto su ricordi personali, ma per tracciare un profilo commemorativo della Sua persona, e dire quanto, per alcuni aspetti, fossi in sintonia con il suo pensiero, qualcosa che ci ha accomunato nella vita devo pur dirla.
Alla fine degli anni novanta del secolo scorso iniziai con lei una terapia analitica. Nel corso dell’interrelazione emotivo culturale che si instaura tra analista e paziente, le avevo parlato dei benefici effetti che mi avevano arrecato le letture da me precedenza fatte dei libri di A. Carotenuto, da lei stimato come uomo e apprezzato come psicoanalista. Qualche anno dopo, nei i primi del nuovo millennio, la mia terapia volgeva al termine.
E fu così che a seguito di una sua adeguata presentazione della mia persona al Prof. Aldo Carotenuto entrai a far parte del Centro Studi Psicologia e letteratura, dallo stesso fondata e diretta. Una vera e propria rivelazione fu per me entrare in contatto con quel sodalizio così culturalmente e psicoanaliticamente affascinante alimentato da Lei insieme ad altri autorevoli componenti. Simonetta Putti esprimeva sempre con fermezza e coerenza i suoi principi di libertà di pensiero e di azione. E mutò anche il mio modo di relazionarmi con Lei che iniziai a frequentare non più come analista junghiana, ma come persona amica da cui trarre spunti di riflessione personale. Prima di conseguire la laurea in Psicologia, Simonetta era laureata in filosofa e fu naturale per lei attraverso un’azione “maieutica” guidarmi a prendere parte sempre più attiva alle attività della predetta Associazione.
Dopo la prematura morte del prof. Aldo Carotenuto avvenuta nel 2005, qualche anno dopo il Centro Studi di Psicologia e letteratura ebbe una scissione. E fu costituito il Centro Studi Psiche Arte e Società: Presidente Amedeo Caruso, e, Vice presidente e vice direttore responsabile della rivista semestrale, Simonetta Putti. Poi, per motivi personali, nel 2015 ella dette le dimissioni, restando io a far parte dell’Associazione insieme agli altri soci. Il suo abbandono del Centro studi Psiche Arte e Società non interruppe le nostre frequentazioni che continuarono in un ambito non più, per così dire, professionale, ma in attività socio-culturali. Viaggi di gruppo all’estero fatti insieme, e poi, a Roma, commentavamo, o magari dibattevamo, sulle visioni del mondo scaturenti da film o rappresentazioni teatrali alle quali avevamo assistito. Il tema finale su cui ci si confrontava era sempre lo stesso: il Significato e il Senso da dare alla vita; tema filosofico e psicoanalitico: non sempre avevamo identità di vedute, ma sempre un grande reciproco rispetto delle rispettive idee. Per comprendere a fondo la sua “Persona” si dovrebbero conoscere e illustrare le sue numerose pubblicazioni: articoli e libri il cui elenco è facilmente consultabile su Internet. Ma in questa sede sarebbe impossibile farlo. Ultimo libro, a sua cura, “Specchi Rifrazioni Inganni”, per ovvi motivi dovuti alla pandemia non ancora presentato, edito dalle Edizioni Universitarie Romane. Come ho detto le caratteristiche dominanti del suo modo di essere erano il coraggio di vivere appieno la vita con libertà di pensiero e di azione. Aveva ben netto il senso del limite e su questo aveva scritto molto. il concetto di limite rinvia all’idea della morte; ma Lei non ne aveva paura considerandola un evento naturale. Con intima convinzione e non solo come pensiero razionale, la prefigurazione dell’evento fine della vita rappresentava per lei uno stimolo per dare valore alla vita stessa attraverso la creatività. In una conversazione telefonica con
Lei pochi giorni prima della sua dipartita mi parlava pacatamente dell’eventualità dell’incontro con quella che lei definiva “sorella” morte. Il suo volto sereno velato da un lieve sorriso, abbigliata, nelle bara, come se di lì a poco dovesse rialzarsi per riprendere le sue attività, non presentava alcunché di tragico: era l’espressione della vitalità della sua esistenza. Così mi piace ricordarla