Nelo Risi, un poeta cineasta sensibile a Psiche

In memoria di Nelo Risi, poeta e cineasta pubblichiamo l’intervista che fa parte del libro Regie dell’inconscio. Da allora è nata una sincera e spontanea amicizia con Lui e la moglie Edith – finissima scrittrice e acuta cineasta – che ci ha portato a incontrarci in diverse amabili occasioni. Sia questo un affettuoso omaggio a un vero Maestro di cinema poetico e al raro poeta cinematografico che è stato.

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Regie dell’inconscio – Le radici psicoanalitiche del cinema italiano d’autore

Regie dell'inconscio - Le radici psicoanalitiche del cinema italiano d'autore

Amedeo Caruso, psicoanalista e cineamatore, in questo libro indaga sulle radici psicoanalitiche del cinema italiano d’autore. Vengono presi in considerazione registi tricolori che siedono già nell’Olimpo del cinema mondiale come Fellini, Bertolucci, Bellocchio, Dino Risi, ma anche cineasti italici bravissimi e originali. Nel testo viene anche raccontata la querelle tra il regista Faenza e lo psicoanalista Aldo Carotenuto a proposito del film Prendimi l’anima. Quest’opera raccoglie le conversazioni dell’autore con i magnifici sette mostri sacri del cinema italiano che si sono nutriti al seno psicoanalitico: Giorgio Albertazzi; Nelo Risi; Carlo Lizzani; Vittorio De Seta; Fabio Carpi; Giovanna Gagliardo; Roberto Andò. Conclude il volume una simpatica intervista con Simona Argentieri, la regina italiana della critica psicoanalitico-cinematografica.

Il Nodo junghiano – Intervista a LUIGI ZOJA

Luigi Zoja

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 13, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2011 – Estratto

Luigi Zoja è quasi certamente lo psicoanalista italiano più conosciuto all’estero. Si è formato all’Istituto Carl Gustav Jung di Zurigo, dove è diventato psicologo analista. Ha praticato la professione e insegnato a Zurigo e New York. Attualmente lavora a Milano. Ha tenuto corsi presso diverse Università italiane. Molti suoi articoli come opinionista psicologico sono comparsi sul giornale “Il Fatto Quotidiano”.

Dal 1984 al 1993 è stato Presidente del CIPA (Centro Italiano di Psicologia Analitica). Dal 1998 al 2001 ha presieduto la International Association for Analytical Psychology (IAAP). Dal 2001 al 2007 è stato Presidente del Comitato Etico internazionale dello IAAP.

Ha vinto due Gradiva Award, il più prestigioso riconoscimento americano per opere di psicoanalisi. Larga parte dei suoi lavori, tradotti in 14 lingue, interpretano vari comportamenti problematici del giorno d’oggi (dipendenze, consumismo sfrenato, assenza di una figura paterna, la proiezione in politica di odio e paranoia…) alla luce di miti, testi letterari e tematiche archetipiche. Continua a leggere…

A Colloquio con il Regista Nanni Garella Un metteur en scène “dutåur di mat”, quasi junghiano

Nanni Garella

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 12, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2011 – Estratto

Nanni Garella: Sai che ho messo in scena Anatol di Schnitzler dove c’è una delle ragazze che lui ipnotizza… in modo piuttosto scherzoso… ma insomma, tra il lusco e il brusco si capisce che frequentava l’ambiente…

Amedeo Caruso: Schnitzler era considerato da Freud la sua ombra, il suo “doppio letterario”, uno scrittore che ammirava moltissimo, tanto che gli ho dedicato anni fa uno scritto che si intitola Arthur Schnitzler come psicologo dove descrivo diffusamente i loro rapporti e ancora ho scritto dei piccoli monologhi teatrali dove c’è, tra gli altri, anche lui come protagonista dello spettacolo “Le stanze dei sogni”. Ma adesso parliamo dei tuoi spettacoli che io trovo davvero straordinari, unici più che rari, che sono partiti quando? Continua a leggere…

Conversazione con il Regista Roberto Andò: L’uomo con la macchina da presa psicoanalitica

Roberto Andò

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 11, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2010

Amedeo Caruso: Questa lunga intervista filmata potrebbe considerarsi quasi un testamento spirituale e artistico del professore Francesco Orlando, non crede?

Roberto Andò: Pensi che per Orlando era così vivo il ricordo di quegli anni, e del vissuto, che a un certo punto si è messo a piangere, e questo è un pezzo che poi ho tagliato. Lui non aveva ancora pubblicato l’unico romanzo che ha scritto, La doppia seduzione. Me ne aveva parlato, mi aveva dato molti dettagli della sua vita privata, ma io ho fatto opera di pura immaginazione abbastanza vicina alla realtà, cosa di cui mi sono accorto quando ho letto il libro, mostrando nel film questo testo, e anche immaginando la lettera che gli avrebbe scritto Lampedusa, che poi ha visto la luce appena nel febbraio di quest’anno. Ricorda quando lui racconta nella mia video-intervista il sogno in cui gli viene attribuito il ruolo del boia? Bene, questo rimanda ai suoi rapporti con il Principe. In fondo questo romanzo rappresenta il tema della sua vita, affronta l’omosessualità che lui non ha mai voluto esibire, e che era una preoccupazione secondo me infondata. Continua a leggere…

A colloquio con Simona Argentieri, la psicoanalista “principessa dello schermo delle sue (e nostre) brame” che ha incoronato Freud a Hollywood.

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 10, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2010 – Estratto

Amedeo Caruso: dottoressa Simona Argentieri, se Freud si è fermato a Hollywood possiamo dire che Jung è arrivato a Cinecittà, pensando al bel film di Lizzani Cattiva?

Simona Argentieri: Proprio bello quel film. Lo sa che la De Sio si è molto dispiaciuta per il taglio che fece Lizzani di alcune parti che erano secondo lei quelle in cui si era espressa meglio?

(Come farà a sapere queste cose? Il mio sospetto è che sul suo lettino si siano sdraiati molti attori e registi e pertanto conosce tanti segreti che naturalmente non può rivelarmi, e così evito la domanda banale su dove ha letto queste dichiarazioni). Quali sono i film italiani che Lei predilige? Continua a leggere…

Incontro con Giovanna Gagliardo: Pubbliche virtù cinematografiche, appassionate visitazioni psicoanalitiche

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 9, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2009 – Estratto

Amedeo Caruso: Vogliamo cominciare con la commissione che ebbe per il documentario su Emilio Servadio?

Giovanna Gagliardo: Sì, eravamo nella seconda metà degli anni ottanta, era l’ottantotto o forse l’ottantanove. All’epoca c’era all’Istituto Luce come Presidente Stefano Rolando, che aveva grande sensibilità per temi antologici. Voleva fare il Novecento, fare una collana sul ‘900 con grandi testimoni, ognuno nella propria disciplina. Decise così’ di cominciare con i padri fondatori del Movimento Psicoanalitico. Lui aveva una moglie psicoanalista e pensò al lombardo Fabio Carpi per Musatti che viveva appunto a Milano e a me per Servadio che viveva a Roma come me. Io ero molto coinvolta nel movimento psicoanalitico sia perchè ero in analisi ed anche perchè ero molto amica di Piero Bellanova a cui sono stata legata da affetto fino alla sua morte. Bellanova infatti contribuì con la sua consulenza per il mio lavoro su Servadio. Così mi affidarono Servadio, che io non conoscevo, ma col quale entrai in contatto attraverso la dottoressa Renata Thiele – moglie di Stefano Rolando – che era un’allieva di Servadio. Continua a leggere…

Alla ricerca delle radici psicoanalitiche del Cinema Italiano d’Autore Incontro con lo scrittore e regista Fabio Carpi: Parliamo tanto (psicoanaliticamente) di lui.

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 8, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2009 – Estratto

Amedeo Caruso: Come ben sai, essendo Tu il Nume Tutelare e l’Alleato Principe della mia impresa, sono alla ricerca delle radici psicoanalitiche del cinema Italiano d’Autore. Ho infatti incontrato Vittorio De Seta e Nelo Risi solo grazie al Tuo aiuto. E infatti Tu hai messo lo zampino, collaborando alle sceneggiature di entrambe le opere strettamente psicoanalitiche dei Tuoi amici, “Un uomo a metà” del primo e “Diario di una schizofrenica” del secondo. Il primo è del 1966, il secondo del ’68. Dunque i tuoi interessi di intellettuale cinematografico nei confronti della psicoanalisi sia junghiana che freudiana risalgono a circa venti anni prima la realizzazione di “Cesare Musatti Matematico Veneziano” dell’85 e “Barbablù, Barbablù” che è del 1987, giusto?

Fabio Carpi: Devo fare una piccola precisazione. Il mio contributo a “Un uomo a metà” di Vittorio De Seta è stato di carattere molto particolare e non ha minimamente influito sull’ideazione e i contenuti del film di cui Vitti è l’unico e indiscusso autore. Infatti, anche se il mio nome figura generosamente nei titoli di testa come coautore della sceneggiatura, io sono intervenuto quando il film era stato già, non soltanto interamente girato, ma perfino montato. E poiché la sua lunghezza appariva eccessiva se ben ricordo raggiungeva le tre ore, tale da renderlo difficilmente proiettabile in una sala cinematografica, sono stato chiamato da Vitti per aiutarlo a riorganizzare i materiali operando tagli radicali, alleggerimenti all’interno delle scene, e spostamenti di intere sequenze, per renderlo più facilmente leggibile e consono alle esigenze di una distribuzione. Il mio contributo è stato quindi di natura esclusivamente tecnica e professionale, tanto più che i miei cosidetti interessi psicoanalitici non comportavano familiarità alcuna con il mondo di Jung. Diversa è stata la collaborazione a “Diario di una schizofrenica” di Nelo Risi, che iniziò quando Nelo mi fece leggere due libri di Madame Séchehaye, entrambi pubblicati dalle Presses universitaires de France, il “Journal d’une shizophrène “appunto, e un testo di natura scientifica sulla realizzazione simbolica. Il lavoro fu lungo e faticoso, fianco a fianco, per vari mesi, e alla fine comportò anche una visita di qualche giorno a Madame Séchehaye a Ginevra per sottoporle la prima versione della sceneggiatura e correggere con lei i nostri eventuali errori. L’incontro con Madame Séchehaye è stato per me di grande importanza, e conservo ancora una bella fotografia che la ritrae insieme a Mademoiselle Dűss la quale, come scoprimmo in seguito, non era altri che la schizofrenica guarita. I miei interessi per la psicoanalisi risalgono però a molti anni prima, all’immediato dopoguerra, quando Umberto Saba, grande poeta e inguaribile nevrotico saltuariamente in cura, che aveva appena pubblicato (o stava per pubblicare?) “Scorciatoie e raccontini”, frequentava regolarmente la nostra casa a Milano, o per meglio dire la mia stanza. Inoltre, in quel periodo, viveva con noi anche il marito di una mia sorella, Gaddo Treves, psichiatra, e in seguito psicoanalista di matrice freudiana. In tempi successivi mi appassionarono due altri testi stampati dalle Presses universitaires, uno di Gérmaine Gueux sulla nevrosi d’abbandono, e un altro dell’americano Rosen per la sua insolita tecnica che comportava anche una specie di spettacolare lotta terapeutica con l’analizzato. E ancora voglio ricordare fra i miei autori preferiti Norman O. Brown e Georg Groddeck. Continua a leggere…

Alla ricerca delle radici psicoanalitiche del cinema italiano d’Autore Incontro con Nelo Risi, un poeta cineasta sensibile a Psiche

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 7, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2008

Amedeo Caruso: Il film che naturalmente interessa subito noi psicoanalisti è Diario di una schizofrenica. Cominciamo da qui?

Nelo Risi: Ho trovato in una libreria francese il libro della Sechehaye e ne ho parlato con Fabio Carpi. Ecco qui il nostro soggetto, gli ho detto; lui è stato d’accordo e siamo andati a trovarla. Ne abbiamo parlato anche con la Casa Editrice che lo pubblicava, la Presse Universitaire per concordare i costi. Erano tempi in cui questi film si potevano fare con due lire, in più era un film “quasi” analitico e onestamente non aveva nessuna possibilità di smercio. Invece è andato benissimo. Continua a leggere…