Conversazione con il Regista Roberto Andò: L’uomo con la macchina da presa psicoanalitica

Roberto Andò

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 11, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2010

Amedeo Caruso: Questa lunga intervista filmata potrebbe considerarsi quasi un testamento spirituale e artistico del professore Francesco Orlando, non crede?

Roberto Andò: Pensi che per Orlando era così vivo il ricordo di quegli anni, e del vissuto, che a un certo punto si è messo a piangere, e questo è un pezzo che poi ho tagliato. Lui non aveva ancora pubblicato l’unico romanzo che ha scritto, La doppia seduzione. Me ne aveva parlato, mi aveva dato molti dettagli della sua vita privata, ma io ho fatto opera di pura immaginazione abbastanza vicina alla realtà, cosa di cui mi sono accorto quando ho letto il libro, mostrando nel film questo testo, e anche immaginando la lettera che gli avrebbe scritto Lampedusa, che poi ha visto la luce appena nel febbraio di quest’anno. Ricorda quando lui racconta nella mia video-intervista il sogno in cui gli viene attribuito il ruolo del boia? Bene, questo rimanda ai suoi rapporti con il Principe. In fondo questo romanzo rappresenta il tema della sua vita, affronta l’omosessualità che lui non ha mai voluto esibire, e che era una preoccupazione secondo me infondata.

Un po’ come fece Forster per Maurice, tenuto nel cassetto e pubblicato per suo espresso volere solo dopo la sua morte…

Sì, ma per Forster c’era una legittimità storica che per Orlando francamente non esisteva… e secondo me l’ha pubblicato troppo tardi, e tornandoci su, e così forse si perde l’incanto di quegli anni…

Pensiamo allora al coraggio di Gore Vidal che ha invece pubblicato appena ventenne La Statua di sale (crudamente autobiografico ed elegantemente gay), e in fondo gli anni erano gli stessi, anzi antecedenti…

Infatti nel film ho dovuto censurare molto questo aspetto, che pero è esploso lo stesso !

Si percepisce anche, quasi foscamente nel Suo film l’omosessualità della Principessa, quella nascosta del Principe e naturalmente quella del giovane Marco…

R.A.: Ho cercato di attenermi alla corrispondenza stilistica enunciata dal Principe tra scrittori magri e scrittori grassi… io volevo essere magro…perciò è tutto giocato sulla reticenza, sul non detto. Poi è venuta fuori una amichevole controversia sulle pagine dei giornali tra me e Orlando, la sorella si era risentita…tutte cose che succedono quando si mette in un’opera la figura di un personaggio ancora in vita… Io ho risposto che quando un personaggio vero entra in un film di finzione, diventa un personaggio d’invenzione, tanto è vero che lo chiamo Marco Paci e non Francesco Orlando. Insomma il Glenn Gould di Thomas Bernard non è un personaggio vero, è un fantasma. Così come nel libro (e nel film) The Hours Virginia Woolf diventa un personaggio che viene passato al filtro di uno scrittore, di un autore.

La lista è lunga: mi viene in mente il Cole Porter di Michael Curtiz, che nel film Notte e dì è rappresentato come un gioioso eterosessuale mentre, sebbene nella realtà sposato (con una omosessuale!) Porter era assolutamente omosessuale, e così per Valentino l’attore, che prese moglie forse costretto dalla Casa di Produzione, per avvalorare il personaggio del Grande Seduttore! Si capisce bene però nel suo film che Lei prende le parti di Marco Paci, alias Orlando.

Sicuramente!

Mi ha colpito anche la storia che lui sarebbe stato il Robespierre della situazione, che avrebbe loro tagliato la testa, (ai principi), mentre lui candidamente confessa che votava Saragat ed era di idee socialdemocratiche… Ma più del Principe stupisce la presa di posizione compatta e crudele della Licy, che era una psicoanalista…

Molto sui generis…Sa che ho conosciuto un suo allievo, Francesco Corrao, sul quale ho pubblicato un libretto, Il maestro e i porcospini…

Sì, ho letto che Corrao è stato per Lei un incontro fondamentale, come Lei dice, di quelli che se ne fanno uno o due in tutta la vita… Mi dica di questo libro…

Il libro è stato pubblicato da una grande fotografa di mafia, Letizia Battaglia, che intraprese le Edizioni della Battaglia. Avevo fatto nel tempo delle conversazioni con lo psicoanalista Corrao, alcune pubblicate sul Giornale di Palermo, e la moglie mi chiese, dopo la sua morte, di farne una pubblicazione, così lo stampò Letizia. In questi incontri io lo sollecitavo su vari temi come Palermo, la sua fantasiosità, e anche sulla Principessa. Nei nostri dialoghi veniva fuori molto più di se stesso che nei seminari ufficiali. Corrao era l’unico che la difendeva (la Principessa), affermando che la sua conoscenza di Freud era di prima mano … al contrario del figlio adottivo Gioachino, che aveva con lei un rapporto pessimo. Ho anche un racconto gustoso di un famoso avvocato di Palermo, l’avvocato delle lotte contadine, che fu incaricato dalla Licy di far causa a Feltrinelli, perché il libro era già uscito con grande successo in Italia e all’estero, e lei non aveva ricevuto neanche un quattrino. L’avvocato vince la causa, e lei pretende di avere in contanti da Feltrinelli il denaro. Così l’avvocato arriva da lei con i soldi nella casa in via Butera. Lei era dèlabrè, pelliccia lunga e guanti, col cagnolino, e appena lui fa per andar via dopo aver consegnato il borsone con i soldi, gli fa: Bene,bene, Sorgi (questo il nome dell’avvocato), ma … non vorrà mica che lo conti io il denaro! Orlando mi raccontava che lui ebbe – incautamente – il desiderio di fare con lei l’analisi. Ora, se da un lato ha toccato con lei un punto sensibile – l’omosessualità – si è portato anche tutta la vita questa ossessione catalogatrice, e anche il suo metodo di usare Freud per togliere spazio al mistero e in definitiva, invece, nutrendosene. Egli lo faceva in maniera quasi iperbolica e per loro, i principi, da borghese, inquadrato nello studio. Ma questo era l’aspetto prodigioso di Orlando, che io considero uno dei più grandi intellettuali italiani dei nostri tempi.

I suoi libri sono delle vere leccornie, per gli studiosi di letteratura e psicoanalisi, vere e proprie incursioni psicoletterarie nella Fedra di Racine e nel Misantropo di Molière, anche se con qualche boccone difficile da digerire, tra gli oggetti desueti nelle immagini in letteratura e Illuminismo, Barocco e retorica freudiana. Chiunque si occupi di psicoanalisi e letteratura non può ignorare la sua trilogia cominciata con Per una teoria freudiana della letteratura..

Ho assistito a vari cicli di lezioni da lui tenute, e proprio in un seminario da me organizzato a Palermo, incentrato sul Gattopardo, egli saldò i conti con Lampedusa; è stato poi pubblicato da Einaudi, e si intitola L’intimità e la storia. In questo saggio, sottotitolato Lettura del Gattopardo, riesamina il romanzo restituendolo al moderno, demolisce la critica che lo etichetta come ottocentesco, e lo risistema tra i veri capolavori del ‘900 accanto a Joyce, la Woolf. Il suo modello era la giornata del Principe, e il suo discorso contrasta anche la applicazione marxista, un po’ meccanica, che lo vede come un reazionario, mentre Orlando dimostra che è un uomo del movimento, non dell’immobilità. La famosa frase di Tancredi lui non la condivide, per lui è un’asserzione disperatamente tragica, quel bisogna che tutto cambi, affinché tutto resti com’è. Ho capito che Lampedusa aveva scelto Orlando come unico allievo perché aveva, come lui, il vizio della letteratura, il professionismo, e così le lezioni aveva deciso di farle a lui e a nessun altro, anche se ogni tanto queste chiacchierate letterarie si allargavano ad altri fedeli. Poi Lampedusa fece a Orlando una vera carognata: gli rifiutò il dattiloscritto delle lezioni che furono invece consegnate a Gioachino, e per giunta Francesco subì anche l’onta della menzogna, perché il Principe gli disse che le aveva bruciate!

Abstract

Nel colloquio con il regista Roberto Andò l’intervistatore Amedeo Caruso prosegue la sua ricerca sulle radici psicoanalitiche del cinema italiano d’autore. Sebbene l’artista abbia realizzato finora soltanto tre film (ma moltissime regie teatrali e operistiche), la sua figura è di grande rilievo, in quanto ognuno dei tre film contiene richiami, ispirazioni e contatti con l’inconscio. Nell’opera Viaggio segreto il protagonista è proprio uno psicoanalista, e questa scelta provoca un insieme di riflessioni profonde e veritiere sul mestiere del terapeuta. Ne Il Manoscritto del Principe viene svelata una storia di intrecci sentimentali ed emotivi, sospesi tra vita e letteratura, con la rievocazione dell’autore del Gattopardo, la moglie psicoanalista Alexandra Wolff, e il più importante studioso italiano di letteratura e psicoanalisi, Francesco Orlando, recentemente scomparso. In Sotto falso nome è sottesa una ricerca sul mistero, l’ambiguità, e i crimini del cuore che coinvolgono uno scrittore, che imbastisce una relazione amorosa con la moglie del figliastro, che potrebbe anche essere sua figlia, ma anche l’erede di un amico morto, la cui storia è all’origine del suo successo. Conversatore amabile e generoso di notizie, questo colto intellettuale palermitano, ma vero uomo europeo, si racconta qui soprattutto per la sua passione per cinema e inconscio.