Il 26 luglio 2025 ricorre il centocinquantesimo anniversario della nascita di Carl Gustav Jung, il medico psicoanalista allievo di Freud e fondatore della psicologia analitica. Il debito della medicina e della psichiatria nei suoi confronti, come per Freud, è impagabile e ha arricchito tutte le branche del sapere oltre alla scienza medica. Le intuizioni rivoluzionarie di Jung – e di Freud naturalmente – ancora oggi attualissimi, hanno permeato la letteratura, la fisica (vedi il principio di sincronicità scritto insieme al Nobel Pauli), la filosofia, l’architettura, la storia, il cinema, il teatro, la poesia, la musica, la pittura, la scultura, il pensiero e il comportamento umano con la scoperta dell’inconscio e la sua interpretazione, tutte realtà che dal primo Novecento non sono più state le stesse di prima.
In questo momento così tragico per il genere umano, con circa 56 conflitti armati attualmente in corso, non posso che celebrare questa ricorrenza, onorando il dovere dello psicoanalista, insomma il nostro giuramento a Psiche, parallelo a quello di Ippocrate della medicina, con un monito per l’umanità, ricordando che l’UNESCO, nel 1948, aveva incaricato l’allora Segretario Generale di promuovere ricerche su moderni metodi elaborati dalle scienze dell’educazione, dalle scienze politiche, dalla filosofia e psicologia, volti a operare un cambiamento dell’atteggiamento mentale, e sulle circostanze politiche e sociali necessarie per favorire l’applicazione di determinate tecniche. Fu coinvolto Jung (oltre all’Associazione Psicoanalitica Internazionale e all’istituto Tavistock per le relazioni umane) che realizzò lo scritto Tecniche di trasformazione dell’atteggiamento mentale per favorire la pace nel mondo. Nonostante questo testo giungesse per essere discusso nella sessione di Royaumont, presso Parigi, nell’ottobre 1948, non venne mai messo all’ordine del giorno!
Per onorare anche i 169 anni dalla nascita di Sigmund Freud, e per onore del vero, mi sembra giusto ricordare la bellissima risposta che diede il Padre della psicoanalisi, nonché maestro di Jung, ad Albert Einstein, che nel 1932 ebbe uno scambio epistolare con Freud sul quesito Perché la guerra? E già allora il geniaccio rispose che una prevenzione sicura della guerra è possibile solo se gli uomini si accordino per costituire una autorità centrale, al cui verdetto vengono deferiti tutti i conflitti di interesse. Sono qui chiaramente racchiuse due esigenze diverse: quella di creare una simile Corte Suprema, e quella di assicurarle il potere che è necessario. La prima senza la seconda non gioverebbe a nulla. Einstein indirizzò questa lettera a Freud su richiesta dalla Società delle Nazioni e dall’Istituto Internazionale di Cooperazione Intellettuale di Parigi, che gli chiedeva di invitare una persona da lui scelta per uno scambio di idee sul perché della guerra. E almeno in questo caso, come si comprenderà bene leggendo entrambi i testi, i due geni della psicoanalisi furono d’accordo.
In Dopo la catastrofe, uno scritto del 1945, Jung parlò dell’irresistibile fascino del male, che assoggetta spesso il genere umano. Ma in Commenti sulla storia contemporanea (1946) dichiarò che al di sopra e al di là di ogni fattore esterno, le decisioni ultime risiedono sempre nella psiche umana… e dunque affinché si muti l’intera realtà deve prima mutare l’individuo singolo. Suggerisco quindi, se volete farvi un regalo in nome di Jung, questo suo breve testo illuminante (volume decimo, tomo secondo dell’Opera Omnia) di appena 10 pagine, nell’edizione curata dal valoroso compianto amico professor Luigi Aurigemma. Infine, un dono che, con tutto il cuore e il desiderio di pace, faccio a chi non lo conoscesse, è l’articolo Psicopatologia della guerra e del terrorismo, estratto dal mio libro Psiche istruzioni per l’uso, Lithos, 2012, qui allegato in fruizione gratuita.
Auguri a Jung e a tutti i promotori di pace!