Perché il cervello, specialmente la parte corticale, comincia subito a trovare cavilli, vuol controllare tutto, una burocrazia che non ti dico, per non parlare poi dei rapporti privilegiati che dice di avere con la coscienza che non si sa bene dov’è (se c’è poi) e comunque è sempre sporca. [1]
Basterebbe il ricordo del famoso aforisma di Ennio Flaiano: ”La situazione politica in Italia è grave, ma non è seria” per affermare, con un gioco di parole, che l’ironia, avente come finalità il riso, è in realtà cosa serissima; che ha a che fare con la psiche dell’uomo e con la sua filosofia, essendo strumento espressivo di significati e sentimenti anche, come ci insegna Freud, inconsci. Metaforicamente- secondo me- un grimaldello per aprire la porta a un certo tipo di comunicazione.
L’ironia ha anche a che fare con l’ambiguità, e la sua irrazionalità consente talvolta di esprimere indirettamente e sinteticamente con una battuta o con gioco di parole quel che è difficile e/o non si può dire, facendo intravedere concetti complessi.
Come quando si afferma che con garbo si possono dire cose non gradite, così, ugualmente avviene con l’ironia, che realizza una distanza e attenua la durezza dei significati: l’elemento della giocosità crea un legame tra destinatario e autore, altrimenti impossibile.
Con questi pensieri per la testa, alcuni mesi fa dovendo ricorrere alle cure di una fisioterapista, mi viene da essa proposta la lettura di un volumetto dal titolo paradossalmente intrigante: “Elogio del mal di schiena” di Erasmus da Rottemback, a cura di Felice Colonna. L’ironia insita nel gioco di parole del titolo e nel nome del suo autore, non poteva non incuriosirmi; la fisioterapista mi aggiunge che il piccolo libro in questione, ( difficile da trovare nelle librerie), era stato scritto ( a cura di) dal “ suo “ fisiatra di riferimento, primario in un ospedale pubblico romano, con il suddetto pseudonimo. La curiosità diventa più viva quando mi dice il vero nome dell’autore, che scopro essere il figlio del professore di latino e greco di quand’ero al liceo, ormai ultra novantenne. Con quest’ultimo avevo mantenuto negli anni, brevi, occasionali, piacevoli conversazioni incontrandolo di tanto in tanto per le vie del mio quartiere. Conversazioni gradevolissime – ribadisco – per così dire ossimoriche, perché costui, umanista di cultura sconfinata, era uso abbinare un fare burbero e un volto prevalentemente imbronciato, ad una comunicazione verbale perennemente ispirata da una affilata, bonaria, ma talvolta anche provocatoria, ironia. Insomma era dotato di un immenso sense of umor.
Mi procuro dunque questo pamphlet caratterizzato da una leggerezza che, solo essa, consente una raffinata, seria ironia; ma non solo questo. ( E’ l’omaggio di un figlio ad un padre da cui ha assorbito, i numerosi riferimenti alla cultura classica e moderna contenuti nel libro, ma, sopra ogni cosa, la modalità di comunicazione ironica)
La trama del racconto, di Calviniana fantasia, è la seguente.
Il giovane medico Erasmus da Rottemback specializzato nelle patologie della colonna vertebrale, allievo del prof. Krankenliebe dell’Università di Curinga, nel Teutoburgo , va alla ricerca del suo maestro scomparso in una landa misteriosa del sub continente indiano dove si è recato per studiare, presso la comunità degli Adivasi sperduta nella giungla, la patologia del mal di schiena, ivi considerato come male sacro; studiando i riti locali per la terapia del mal di schiena giunge alla conclusione che la patologia in questione può rivelarsi utile, in taluni casi provvidenziale, talché tentare di sopprimerla potrebbe risultare pericoloso: impedirebbe l’ascolto dei campanelli d’allarme per malanni ben più gravi che ci lancia il nostro corpo.
Tralascio il dipanarsi della storia, tutto sommato meno rilevante rispetto al messaggio che vuol veicolare l’ autore e, soprattutto, voglio riportare, in alcuni passi, le modalità di porlo al lettore con psicologica ironia per restare nel tema del convegno.
Arriviamo al punto. L’Italia – si sa – è un paese di caste: tutti noi ne apparteniamo a qualcuna, e tra queste c’è la classe medica di cui l’autore del libro è autorevole rappresentante. Con questo delizioso pamphlet il Prof. Felice Colonna con ironica cautela parla anche degli eccessi d’interventismo a livello farmacologico e chirurgico. Ma c’è anche dell’altro.
Partendo da una dissertazione clinica oggetto della sua specializzazione, l’autore inizia a parlare dell’ernia discale: ” il disco – dice- è come il cugino scemo, quello che sta zitto e a cui vengono addebitate tutte le colpe; non vede e non sente perché non ha né vasi sanguigni né nervi, è in contatto col sistema motorio solo per via meccanica: è un volgare ammortizzatore, una stupida molla che a un certo punto per il destino cinico e baro si trasforma in uno schifoso grumo traditore; ed è ovvio che una simile infamia vada eliminata al più presto“ . Andiamoci piano, lascia intendere l’autore; “va da sé che in taluni casi particolarmente gravi si dovrà pure intervenire chirurgicamente, ma in tutti gli altri è meglio evitarlo, ovvero procedere per altre strade. ” Allora- si chiede- perché questo accanirsi con la chirurgia…. sull’ernia discale? Domanda retorica. Si provino a fare due conti sul costo di un intervento e se ne verrà facilmente a capo”. D’altra parte – aggiunge- quello di infierire sul sintomo e non sulle cause è il sistema con cui la scienza moderna ha ottenuto i suoi maggior successi, e così i trionfi della farmacologia biochimica su malattie millenarie e i parziali successi sui morbi più nuovi si devono alla ricerca del punto debole tra le manifestazioni osservabili del disturbo.
Ma vai un po’ a vedere- si chiede ancora l’autore- che la tubercolosi è stata debellata dalle migliori condizioni di vita e di lavoro piuttosto che dalla penicillina tant’è vero che nel terzo mondo non è stata mai sradicata?
Nel rappresentare i concetti, Il discorso procede- come si vede – sul doppio registro di serietà e ironia.
La narrazione, quindi, si dipana su un duplice livello: quello della storia del Prof. Erasmus alla ricerca del prof. Kranchenliebe e quello delle considerazioni dell’autore (buon conoscitore della cultura e della medicina orientali), riferite al mondo attuale. Dopo aver descritto le motivazioni per le quali nella tribù dell’India il mal di schiena è considerato “male sacro”, l’autore in tono semiserio, ponendosi il problema del Male, fornisce al lettore “ le chiavi per conoscere amare, conservare il proprio mal di schiena, imparandone a goderne i vantaggi senza troppo soffrirne le conseguenze.”
E riprende con cifra ironica a parlare degli ” Inestimabili vantaggi del mal di schiena”. Per primo l’impunità che la malattia, qualsiasi malattia, consente all’individuo. In società come pure in famiglia; l’ammalato – dice- gode del potere del folle. “ E’ libero proprio perché è limitato dal male, una libertà condizionata nella gabbia dei suoi sintomi e della sua noxa“. Continuando, l’autore si addentra in considerazioni di tipo psicologico, nonché sociali. Se “verso i malati veramente gravi occorre nutrire il dovuto rispetto, a taluno basterà un piccolo dolore… che però all’occorrenza si amplificherà quasi automaticamente per venire ammesso con effetto immediato alla categoria dei malati motorii…… .. solo il vero mal di schiena forse appena corredato da una smorfia di dolore stoicamente repressa o da una lieve accentuazione di una zoppia, può dare l’orgogliosa sicurezza per chiedere di farsi esentare dal turno più pesante, dal trasloco dei faldoni…, dal Trento – Siracusa andata e ritorno in 24 ore e via faticando.” Una malattia, il mal di schiena, che si “porta” bene in società. Alle cene eleganti e alle riunioni di lavoro si parla volentieri e senza imbarazzo del proprio mal di schiena, talvolta con orgoglio. Di nessuna altra patologia si parla in questo modo: nessuno sfoggia con disinvoltura emorroidi e varici”.
Sui vantaggi familiari – sottolinea l’autore- non varrebbe quasi la pena spendere troppe parole: si impara da piccoli una regola fondamentale: “se vuoi farti valere devi piangere e lamentarti. La malattia è un vero e proprio passepatout e lo si impara prestissimo. Il bambino sa fingere i più svariati malanni ancor prima di imparare a camminare …che il vittimismo sia da considerare un fattore genetico iscritto da milioni di anni nel nostro DNA? …Quante volte capitano nei nostri ambulatori intere generazioni di rachialgici, dalla nonna poliartrosica al figlio sciatalgico e plurioperato, per finire con la nipotina ahimè tanto carina quanto scoliotica! Ad ognuno la sua patologia, a ciascuno la sua cura. Al terapeuta la sudata mercede. A volte, attenzione, ci scappa una vera Mercedes.”
Un male anche contagioso oltre che ereditario. Quando ad ammalarsi sono marito e moglie, e quando sono coppie con elevati livelli di competitività interna. “ Ma per forza! Come si può stare insieme ad una persona che non può fare questo, non può fare quello…. niente viaggi, letto duro… e chi dovrebbe fare sforzi per tutti e due , io solo? Bisogna ribattere colpo su colpo, rispondere con il famoso colpo della strega o sparare con una sindrome vertiginosa… una serie di sintomi soggettivi… sbandamenti e giramenti di testa… Ovviamente bisogna atteggiare il viso a una espressione di sofferenza…. “
Meglio stendere un velo pietoso- dice ancora l’autore – sui sintomi legati alla colonna vertebrale nel talamo nuziale, efficacissima scusa per esentarsi da qualsivoglia prestazione sessuale nell’ambito delle relazioni di coppia. Di seguito, il massimo dell’ironia: “ E’ pur vero che un modesto doloretto può diventare con la scusa del massaggio, complice di approcci che in altro modo non si riuscirebbe a cominciare. In questo modo, passando dal dolore al piacere, si sperimentano altre vie che, se percorse virtuosamente, portano verso la guarigione del corpo, a volte a scapito della salute dell’anima”.
Ma l’ autore è persona molto seria e con psicologico ironico acume parla del mal di schiena da considerare come mezzo di conoscenza di sé, e che conviene sfruttare piuttosto che subire passivamente, “sopportando oltretutto le costose angherie dei medici” Il dolore, infatti, rappresenta sempre un allarme che il corpo lancia al suo proprietario per avvisarlo di qualcosa che non va: non lo si può ignorare. Ma la medicina ufficiale dà risposte talvolta insoddisfacenti, mentre quella sottufficiale ( alternativa) troppo semplici, o al tempo, complicate. “ Certo, stare otto ore a seduto su un furgone, o fuori o dentro una cella frigorifera con quarti di bue sulle spalle…, ingrassare, scopare poco e male,…. non aiuta la colonna vertebrale. Così, se si è giovani, belli e ricchi e si ha molto tempo per la giusta attività sportiva, la cura del corpo è probabilmente di grande aiuto nella prevenzione del mal di schiena. Dunque?
Se ci viene, il mal di schiena bisogna tenercelo, perché nel primo caso di cui sopra ( gli sfigati) è una valvola di salvezza per malattie forse peggiori; nel secondo, quello dei Kaloi kai agatoi ( gli altri), “ forse una Divinità saggia e invidiosa deve aver lanciato il morbo sui fortunati perché non insuperbiscano troppo e si pensino perfetti”.
Il sistema energetico umano- osserva l’autore- secondo la medicina cinese che non fa differenze tra psiche e soma, sarebbe disposto a strati come una cipolla e finché la malattia è confinata sugli strati superficiali, può esser meglio combattuta e, in questo senso, il sintomo rappresenta la manifestazione del male. Ora “ le malattie di tipo muscolare, dolorose, caratterizzate da infiammazioni acute periodiche sono quelle che aggradiscono i livelli energetici meno profondi: quando i sintomi spariscono vuol dire che la malattia è guarita( bene!) oppure che sta aggredendo un livello energetico più profondo( male!)”. Al riguardo, la seguente riflessione: talvolta è proprio il farmaco (farmacon in greco vuol dire medicamento, ma anche veleno) preso per far passare i sintomi dell’infiammazione e del dolore a provocare l’aggressione ad un livello più profondo, come sull’apparato digerente o sulla circolazione.
Ed ecco che l’autore, fisiatra, s’inoltra anche nel territorio della psicologia. Parla del trasferimento degli stress e dei conflitti psicologici dall’ambiente al corpo: in altre parole “dall’incazzatura al colpo della strega”. Sono in gioco il conscio e l’inconscio e si vorrebbe capire come dall’emozione trattenuta o dallo scatto d’ira si passi al più feroce torcicollo. Poco ha spiegato la scienza al riguardo. Là dove sono in gioco elementi emozionali, psicologici, poco misurabili e oggettivi, non ci si addentra volentieri, si lascia spazio a studiosi meno “ scienziati”. Chi studia i” dati” non ha tempo per i “fenomeni”; a nulla varrebbero i richiami di Husserl o Merleau Ponty. Non molti, anche se autorevoli, coloro che si sono interessati alle vie che portano dall’emozione al corpo: alcuni esegeti di Reich, come Lowen e Leboulch e più recentemente alcuni psicologi, psicofisiologici e terapeuti della respirazione. Reich per primo – ricorda l’autore- ha parlato di blocco emozionale e di corazza caratteriale, ancorché gli studi sulla fenomenologia del corpo nelle malattie della mente risalgano allo stesso maestro di Freud, Charcot, quando nella seconda metà dell’Ottocento descriveva i sintomi dell’isteria.
Ma c’è poco spazio nella scienza ufficiale per rinunciare all’approccio positivistico, ha troppo paura di venir risucchiata dal suo imbarazzante passato fatto di miasmi, proibizioni religiose, interventi sanguinari quasi sempre infausti affidati ai cerusici. Di contro c’è la tendenza mentalista, quella che nega il corpo considerandolo solo un prodotto della mente e perciò affida qualsiasi contatto tra medico e paziente e qualsiasi procedura diagnostico- terapeutica a funzioni di controllo individuale e sociale, condite di neo psicologismo. Entrambi gli approcci, spesso presenti nello stesso medico, negano le richieste del paziente considerate quasi sempre fuorvianti.
E quando si tratta di mal di schiena di obbiettività clinica ce n’è poca, c’è solo un paziente che racconta il suo malessere e allora il medico si trova di fronte a quel che aborre di più: i sintomi soggettivi. Che razza di malattia è mai questa dove non ci sono analisi, né esami perforanti e infallibili? Dove, soprattutto, c’è un paziente che con la narrazione dei suoi sintomi vuole farsi soggetto?
Tema questo – secondo l’autore- di grande importanza. I medici non si fidano mai dei pazienti, perché il loro scopo è l’indagine. Si dice: “il rapporto col medico si deve basare sulla fiducia” e si omette di dire “si! , ma da una parte sola; se il paziente collabora va bene, altrimenti il medico va avanti lo stesso in base alla sua professionalità.“
E quando – orrore – si sospetta una malattia della psiche dietro alle manifestazioni somatiche, inizia un altro noioso, difficile iter diagnostico – investigativo, per il quale il medico non è quasi mai preparato per la sua formazione… .”
In conclusione si tratta di comprendere le ragioni della malattia che possono essere nobili anche se misteriosamente nascoste entro noi stessi tanto da diventare, appunto “ sacre”. Talvolta si parla di follia del corpo. Si farebbe meglio a dire sapienza del corpo.
Da ultimo, due aforismi in tema:
“l’unico sistema per ritardare il momento della morte rimane l’invecchiamento” (Sainte Beuve ).
“L’ironia è la migliore cura per non morire, le cure per non morire sono sempre atroci” ( epigramma di Andreotti, tratto dal celebre film di Sorrentino, Il Divo).
[1] Rottemback, E, Elogio del mal di schiena, Santa Croce sull’Arno ( PI ) 2008, pagg. 20-21