Psicoriflessioni antivirali

Benvenuti nel podcast del Centro Studi Psiche Arte e Società. Io sono Amedeo Caruso, presidente di questa associazione nata nel 2014. Insieme a Giorgio Mosconi, attuale vicedirettore della nostra rivista, abbiamo lasciato per incompatibilità ideologiche e comportamentali il Centro Studi Psicologia e Letteratura che abbiamo fondato nel 1992 insieme al nostro maestro e amico Aldo Carotenuto psicoanalista junghiano noto in tutto il mondo per i suoi scritti. Ha lasciato con noi il vecchio Centro Studi anche Roberto Cantatrione, attuale vicepresidente. Gli altri amici, soci del Centro Studi Psiche Arte e Società, sono la dott.ssa Ida Caruso, la prof.ssa Maria Teresa Cutrone e il dott. Vincenzo Leccese, che conoscerete nelle prossime puntate. Ulteriori notizie le troverete nel n.1 della nostra rivista Psicologia della diversità che abbiamo da pochissimo messo a disposizione gratuitamente sul nostro sito www.psicheartesocieta.it, unendoci alle varie iniziative di solidarietà digitale per questi tempi così difficili in cui un aiuto non soltanto medico, ma anche psicologico, è sicuramente indispensabile. Sullo stesso sito, con il gentile consenso della casa editrice Lithos di Roma, troverete anche il mio libro più recente, dal titolo Contro Lacan, in cui contesto alcune teorie di questo psicoanalista, ma soprattutto propongo una difesa di una psicoterapia dal volto umano, che aiuti le persone a star meglio psicologicamente e non sia solo speculativa, oserei dire masturbatoria, e troppo contorta come secondo me è quella lacaniana.

L’argomento di cui tratteremo in questa prima puntata si intitola: Psicoriflessioni antivirali

Qual è la caratteristica principale di questa orribile pandemia? La risposta è una soltanto: la persecuzione. Ci sentiamo tutti minacciati da un nemico invisibile, con una tracotanza di invincibilità e la spavalderia tipica dei criminali. Già, viviamo come gli ebrei che abbiamo visto ricordato in tanti film sull’Olocausto – uno per tutti Schindler’s List, La lista di Schindler di Steven Spielberg … oppure possiamo considerarci come gli armeni perseguitati dall’impero Ottomano nel 1915. Almeno ebrei e armeni sapevano chi era il loro nemico, anzi, sapevano che loro erano il nemico per i nazisti o per i turchi. È da una settimana che nei miei sogni predominano aspetti persecutori, e mi si perdoni il paragone titanico, ma ho subito pensato a quanto scriveva Jung nella sua autobiografia a proposito dei sogni terrificanti e incomprensibili che faceva poco prima dell’avvento del Secondo Conflitto Mondiale e di cui disegnò qualcosa anche nel Libro Rosso. Apprendo però, anche dai sogni dei pazienti che continuo a vedere in psicoterapia per merito delle videochiamate su internet, che le caratteristiche persecutorie sono dominanti in questo periodo e riguardano quindi aspetti collettivi e non soltanto personali. Ma anche tanti pazienti che seguo come medico, che sono sopraffatti dall’ansia e dall’angoscia e cercano una carta assorbente vivente in cui devo per forza trasformarmi, che possa tamponare le loro paure

Pensiamoci, stiamo provando le stesse sensazioni di tutti i perseguitati della storia con una caratteristica davvero speciale: non c’è distinzione di razza, religione, credo politico, forse un pochino di età (anche se non ne siamo ancora certi). I bambini si ammalano di meno e i maschi più delle donne. Ma insomma, siamo tutti sulla stessa barca. Inter se mortales mutua vivunt ha scritto molto meglio di me (e forse meglio di chiunque altro) un certo Tito Lucrezio Caro nel De rerum natura, opera del I secolo a.C., traducibile semplicemente così: Viviamo gli uni degli altri, insomma nessuno di noi è un’isola o può delirare di esserlo. Abbiamo bisogno gli uni degli altri e non esiste persona che possa credersi autosufficiente in tutto e per tutto. Altra cosa è diventare autonomi economicamente e psicologicamente, non dovremmo essere mai dipendenti affettivi o da qualunque cosa come alcol, sesso, o droga o denaro, ma esseri capaci di amare e di soffrire con dignità. Naturalmente soffrire non garba a nessuno, però sembra proprio che la vita e la sanità riusciamo ad apprezzarli in pieno solo quando sono in gioco, quando si contrappongono alla morte o alla malattia. Un altro amico che vorrei tirare in ballo in questa breve conversazione, e lo chiamo amico perché lo frequento spesso, ha scritto un pensiero che traduco personalmente così: gli esseri umani devono saper sopportare il loro venire al mondo come il loro andarsene, la maturità è tutto. Certo Shakespeare in inglese suona molto più romantico o decadente (come vi pare): Men must endure. Their going hence, even as their coming hither. Ripeness is all. Esatto, la maturità è tutto, ma in questo momento che possiamo fare? Restando a casa sentiamo che ci suggeriscono tutti gli amici che abbiamo (oltre alle persone con le quali abbiamo la fortuna di stare …ma che per alcuni potrebbe essere anche un problema, questa convivenza) stretti e stipati in uno spazio minimo, sì proprio quello di un libro. Ne ho preso uno per me e per voi, non a caso: si tratta di Seneca, La vita tranquilla, mi pare, dove appunto il filosofo si bea della possibilità di parlare con amici come Omero, o Senofonte e di ascoltare quel che hanno da dirgli. Per oggi ho detto tutto, come direbbe Peppino, e non Totò …come qualcuno crede… di cui consiglio di vedervi al più presto uno dei tanti film che hanno girato insieme.