Una spia nel tempio della psicoanalisi

in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 55, Roma, Di Renzo Editore, 2004

Prometto che la storia che sto per raccontare sarà fedele (ma appassionatamente) ai fatti che coinvolsero, circa 70 anni fa, una donna di nome Anais Nin, due psicoanalisti, Renè Allendy e Otto Rank, e uno scrittore, Henry Miller.

Costoro non sono i soli personaggi di questa inchiesta psico-letteraria.

Le altre comparse, con ruoli non sempre marginali, rispondono ai nomi di Hugo, marito di Anais, June Mansfield, moglie di Henry Miller, Antonin Artaud, scrittore ed attore francese di teatro e cinema, Eduardo Sanchez, cugino di Anais, Joaquin J. Nin, padre di Anais.

Mi è sembrato quasi più onesto far raccontare parte di questa tranche de vie al personaggio principale, Anais Nin, perché, oltre ad essere la protagonista ed il soggetto della mia esposizione, ne è la vera autrice ed anche l’unica fra tutti che abbia avuto il coraggio e la capacità di narrarla man mano che si consumava nei giorni e nei cuori, nei corpi e nei pensieri di ciascuno di loro.

E che Anais Nin mi tormenti, dovunque Ella sia, con gli incubi più paurosi, se le farò dire qualcosa di non realmente accaduto.

Ma che mi accompagni in questa rievocazione se la trova onesta, di “quelli sì che furono giorni” ( those were the days! ) accettando questo ingaggio letterario.

Mi affaccerò, come cantore di questa epopea, a qualche piccola finestra per dei b

revi commenti e chiuderò la porta del discorso come la sto aprendo ora alla mia eroina preferita. Il mio debito e la mia riconoscenza verso Anais Nin sono di immensa gratitudine ( nel mio primo libro Viaggio nell’ipnosi, ho avuto l’onore di ospitarLa come unica attrice femminile nell’odissea dell’astronave che compiva un breve volo nei cieli dell’ipnosi ) ed oggi sono lieto di farLe da navigatore nel resoconto della Sua missione segreta che potrebbe intitolarsi Agente Anais Nin, dalla psicoanalisi con amore.

Immaginiamo allora che l’agente segreto con licenza di amare Anais Nin, si introduca nel Tempio della Psicoanalisi per compiere una missione di conoscenza di questa dottrina, per capire come questa invenzione possa aiutare il genere umano.

Ormai diventata analista non smette di apprendere da Rank perché lui tocca tutte le cose con la magia del significato. Quelli che vengono da lui sono come ciechi, sordi, muti. Quando lui scopre l’intreccio delle loro vite, loro cominciano a trovarle interessanti e questo interesse li salva. L’intreccio creato dall’inconscio si rivela più interessante di qualsiasi storia poliziesca. Rank scopre i legami, le trame, i modelli, e tutto diventa di un interesse inesauribile, pieno di sorprese.

Ma Anais è delusa anche da Rank. Lo abbiamo già detto, e lei lo ha scritto un’infinità di volte in mille modi diversi. È capace di amarli tutti, riesce a descrivere una giornata come il 6 giugno 1934 vissuta senza ritegno all’insegna della fellatio prima con Henry e poi con Rank.

Di ritorno confida ad Henry: una donna dovrebbe nutrirsi esclusivamente di sperma e subito dopo parlano di psicoanalisi. Ma lei ha bisogno di inventare sempre la vita. Rivolge un pensiero finanche a Dio reputandolo forse geloso della sua venerazione per l’uomo. E si domanda: se Dio mi vuole esclusivamente per Lui, è questa la rete che mi porterà a Jung?

Ha già scritto nel febbraio 1933 che suo marito le ha detto che lei dispone di un harem e a ciascuno dice: “sei tu il favorito”. Se prima il vero re era Henry, poi lo è stato Allendy e quindi Rank e poi di nuovo Henry che ha dovuto lasciare un po’ di spazio per Artaud e ancora per Hugo e tutti insieme per Joaquin. Ed abbiamo già assistito alla sua tentazione per Jung e alla gelosia percepita addirittura nell’Onnipotente.

È la fine per Rank, che morirà davvero poco dopo Freud nel 1939. Ma lasciamo di nuovo la parola alla scrittrice:

Dopo Rank, vivrò solo per gli altri, questa è la mia gioia.

La psicoanalisi mi ha salvata perché ha permesso la nascita del mio vero io, religioso. Non posso diventare una santa. Ma sono pienissima e ricchissima e ho molto di cui scrivere. Mi accontenterò di un po’ di pace e di qualche preciso ricordo. Non posso insediarmi definitivamente nella vita umana. Non mi basta. Devo ascendere a regioni più vertiginose. La psicoanalisi mi ha salvata dalla morte. Mi ha permesso di vivere e, se abbandono la vita, sarà solo per mio volere, in quanto non contiene l’assoluto. Ma quanto amo ancora il relativo, la banalità e il calore di un fuoco, e una bella raccolta di orecchini, ed Haydn ascoltato con il fonografo, e le risate con Eduardo, e le battute su Mae West, e il nuovo completo di lana nera con enormi maniche e scollatura sensuale dalla gola ai seni, e il braccialetto e la collana di pietre azzurre, incastonati di stelle, e la nuova biancheria, e la nuova vestaglia di velluto nero e il cassetto pieno di copie di Tropico del Cancro con la mia prefazione, e l’ultima lettera di Rank, e il telefono che squilla tutto il giorno, addio addio addio…

Amore.